Medical Humanities & Medicina Narrativa

La Scuola di Atene _ Raffaello Sanzio (1483-1520)

La diffusione delle Medical Humanities

E ora guardate, Maestà…

Guardate ciò

Che questo quasi Niente rivelarci può…

B. Santini-L. Gapaillard, Il Fiocco

Una storia tutt’altro che semplice e lineare che richiama origini antiche, le Medical Humanities si sono affermate con progressiva evidenza attorno alla metà del secolo scorso restando ad oggi fortemente connotate da un ampliamento spazio temporale che le colloca in un movimento culturale dinamico e sempre più presente nell’ambito della cura sia clinica sia formativa. Guido Giarrelli (2020)(1*) in un articolo dedicato all’evoluzione della presenza delle Medical Humanities nelle Facoltà di Medicina, propone il viaggio della diffusione delle humanities in una prospettiva internazionale. Un viaggio che parte dagli Stati Uniti in cui prende vita, negli anni ’60, la consapevolezza dell’inaspettata distanza che la medicina tecnicista sta sortendo tra i pazienti (2*). Il nuovo progredire degli studi e dell’approccio clinico sembra inadeguato alla richiesta di accoglienza del percorso di cura sempre più parcellizzato in una visione specialistica della cura priva del lato più umano della percezione soggettiva della malattia da parte del paziente. L’esclusione di un tempo dedicato all’ascolto partecipato e riflessivo e alla personalizzazione dei percorsi di cura diventano motivo di considerazioni etiche, epistemologiche, filosofiche, metodologiche quindi culturali ed ermeneutiche ad oggi sentite e vivacemente sostenute. Dagli Stati Uniti al Canada, al Regno Unito, all’Europa continentale, all’Australia, alla Cina, all’Africa e all’America latina, le Medical Humanities si diffondono, uniscono e dividono in hard sciences, soft sciences e Medical Humanities, Health Humanities and Critical Medical Humanities per un nuovo concetto di salute che, seppur conteso tra gli estremi di una visione medica specialistica tecnicistica e una olistica umanistica, tende sempre di più verso una ridefinizione che trovi possibilità di integrazione tra i saperi delle scienze mediche e quelli delle scienze umane. Il quadro sinottico risultante dall’articolo di Giarrelli (ibidem, 2020), evidenzia come il movimento di diffusione delle humanities abbia inizialmente coinvolto esclusivamente il curriculum dei futuri medici statunitensi introducendo nel percorso formativo la filosofia, l’etica e la bioetica. Ispiratore e leader, Edmund Pellegrino, medico e filosofo direttore del Kennedy Institute of Ethics alla Georgetown University di Washington, che dalla fine degli anni ’60 si prodigò a diffondere in ambito accademico l’importanza della filosofia, dell’etica e della bioetica per la riflessione sulle problematiche connesse con gli sviluppi della medicina e della biologia relative al rischio di perdere una visone olistica della persona decentrando la sua natura multidimensionale dalla dovuta centralità nell’attività di cura e ricerca clinica. Ma sarà solo agli inizi del 2000 che l’influenza delle humanities nell’ambito della cura amplierà i propri orizzonti dai curricula dei futuri medici alle professioni sanitarie in generale, ai caregivers e ai malati stessi disquisendo sull’opportunità di ridefinire anche la terminologia da Medical a Health Humanities, maggiormente inclusiva e aderente alla nuova mission: valutare l’apporto delle discipline umanistiche nell’ambito del benessere della persona non limitandosi all’ambito clinico. All’etica, alla bioetica e alla filosofia si aggiunge un hidden curriculum (3*) costituito da apprendimenti di contagio dalla struttura organizzativa e dalla cultura professionale che si rivelerà tendenzialmente negativo laddove rischierà di proporre un’immagine professionale meno positiva rispetto all’idealizzazione degli studenti. Urgente quindi riflettere sull’identità delle professioni di cura e l’apporto delle Medical Humanities che possono offrire un contributo significativo mediante le proprie metodologie di coinvolgimento attivo per riflettere e rielaborare le esperienze vissute. Alla filosofia e all’etica si affiancano i contenuti umanistici dell’arte, della letteratura, della cinematografia. Nel Regno Unito a partire dal 1993 il General Medical Council  (4*) raccomanda nei percorsi di formazione medica universitaria moduli di studio dedicati alle Medical Humanities e non passerà molto per ritrovare acceso il dibattito relativo all’idea di cura clinica e di benessere olistico della persona arrivando alla proposta di riflettere in termini di Critical Medical Humanities ovvero un’analisi critico-riflessiva sui molteplici modi in cui sono affrontati ed esperiti la medicina e la salute con attenzione particolare ai contributi delle scienze umane e culturali. Il viaggio delle Humanities in Europa, Cina, Africa e America Latina mette in luce quanto l’esigenza di rielaborare il concetto di cura e prendersi cura rappresenti un insieme complesso di elementi culturali il cui processo di diffusione è sentito, necessario e fortemente dipendente dalla dimensione culturale delle singole realtà che via via incontra. Non per questo un accostamento occasionale di discipline ma un’integrazione dei saperi con finalità di umanizzazione delle pratiche di cura che metta in discussione i confini disciplinari per una prospettiva multidisciplinare di ricomposizione dell’unità della natura umana riformulando i diversi apporti delle conoscenze mediche e delle pratiche di cura. L’abilità di portare a termine la sfida con successo porterà con sè la soluzione del paradosso della medicina del ventunesimo secolo: alla crescente potenza delle conquiste tecnico- scientifiche, al raffinarsi delle strumentazioni diagnostiche e delle tecniche microchirugiche, alle conquiste dei trattamenti farmacologici specializzati per inaspettato contrasto si sia manifestata una crescente sfiducia da parte dei pazienti nei confronti di tale e tanto progresso.


Note

(1*) G. Giarrelli, Le Medical Humanities nelle Facoltà di Medicina: una prospettiva internazionale, Dipartimento di Scienze della Salute , Università “Magna Graecia”, Catanzaro, art. in Medicina e Morale, Dicembre 2020. L’articolo è la rielaborazione ampliata dell’intervento svolto nel corso del convegno su Il contributo delle Medical Humanities nella formazione dei professionisti sanitari, tenutosi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, 04.10.2019 
(2*) Giarrelli specifica in nota 2 e 3 del suddetto articolo che le denominazione Medical Humanities viene coniata da G. Sarton, storico della scienza inglese, negli anno ’40, in precedenza citata da F. Peabody (1881-1027) docente delle Harward Medical School e da K Danner Cluoser (1930-2000) bioeticista, primo ad introdurre un corso di Medical Humanities al Pennsylvania State University College of Medicine sostenendo una visione integrativa e non additiva delle M.H.
(3*) Nel 2010 l’AFMC-Association of Faculties of Medicine of Canada- ha redatto il documento The Future of Medical Education in Canada, nel quale propone quindici raccomandazioni finalizzate a ridefinire la responsabilità sociale del medico verso i bisogni di salute della comunità nel rispetto delle diversità culturali. […] nella raccomandazione n.5 si parla di hidden curriculum: il curriculum nascosto è un insieme di influenze che operano a livello di struttura organizzativa e di cultura che influenzano la natura dell'apprendimento, le interazioni professionali e la pratica clinica. (Giarrelli, 2020, p.439)
(4*) È l'organo di autogoverno della professione medica britannica, istituito dal Medical Act del 1858 con quattro funzioni principali: la tenuta del Medical Register dei professionisti abilitati, la rimozione dal medesimo dei medici per casi di particolare gravità, la definizione delle buone pratiche mediche e la promozione della formazione medica accademica. 



  • Medical Humanities
  • Cura clinica e formativa 
  • Ascolto partecipato
  • Personalizzazione dei percorsi di cura 
  • Nuovo concetto di salute: dall'integrazione tra i saperi delle scienze mediche e quelli delle scienze umane 
  • Nuova mission: valutare l’apporto delle discipline umanistiche nell’ambito del benessere della persona non limitandosi all’ambito clinico
  • Alla filosofia e all’etica si affiancano i contenuti umanistici dell’arte, della letteratura, della cinematografia 
  • Cura clinica e benessere olistico della persona: non un accostamento occasionale di discipline ma un’integrazione dei saperi con finalità di umanizzazione delle pratiche di cura

  • Paradosso della medicina del ventunesimo secolo: alla crescente potenza delle conquiste tecnico- scientifiche, al raffinarsi delle strumentazioni diagnostiche e delle tecniche microchirugiche, alle conquiste dei trattamenti farmacologici specializzati per inaspettato contrasto si è manifestata una crescente sfiducia da parte dei pazienti nei confronti di tale e tanto progresso.

Narrative Medicine e Digital Narrative Medicine

Che altro fare? Quando si è così tanto attraversati da pensieri, l'unica è mettersi a scrivere. Una notte, la cartellina aperta sulle ginocchia e un bel raggio di luna sul foglio a mo’ di lampada, il lupo scrisse:

Ogni nascita è la fine di un'attesa.

È sospensione che cade: quel che stava per

aria sospeso, irrimediabilmente precipita. E

precipitando, inizia.

Inizia ad avere un tempo.

[P. Mastrocola, E se covano i lupi]

L’espressione inglese Narrative Medicine indica una metodologia d’intervento clinico assistenziale basata su una precisa competenza comunicativa. Strumento fondante è la narrazione con la quale acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di tutti coloro i quali intervengo nella malattia e nel processo di cura; fine ultimo la co-costruzione di un percorso di cura personalizzato e condiviso. Il racconto del paziente che attraverso la narrazione elabora la propria malattia, diventa parte sostanziale dell’incontro tra le realtà quantitative dell’EBM (Evidence Based Medicine) e quelle qualitative della NBM (Narrative Based Medicine) spostando il focus dalla centralità della malattia al soggetto portatore di storia in un contesto sociale e relazionale. Gli attori, tutti, diventano portatori di saperi, necessità e valori che si incontrano nella comunicazione narrativa per conoscersi, integrarsi e trovare efficace armonia di cura reciproca accogliendo disease, illness e sickness in una nuova complicità consapevole che sostanzia interventi clinico-assistenziali più completi, personalizzati ed efficaci. La Narrative Medicine si propone nella dimensione sociale e umana della pluralità di prospettive delle Medical Humanities in cui le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste dei processi di cura. Relativamente recente e attualmente in osservazione, l’interazione della Narrative Medicine con il mondo digitale e le sue travolgenti opportunità. La Digital Narrative Medicine (DNM) rappresenta l’interazione immersiva della medicina narrativa con la rivoluzione digitale del XXI secolo. Le svolte narrative, culturali e bioculturali, che hanno coinvolto lo sviluppo epistemologico delle Humanities a partire dall’inizio del secolo scorso, hanno progressivamente condotto la nobiltà del linguaggio verbale verso una fruizione cospicua dei generi crossover verbo-visivi per i quali la transizione dall’analogico al digitale e l’arrivo di internet sono stati fondamentali. Visual Storytelling e Graphic Medicine, Visual Storytelling e Digital Narrative Medicine, accanto al progredire delle conoscenze neuroscientifiche, hanno offerto alla medicina narrativa nuove opportunità di sperimentare se stessa nell’accoglienza del mondo digitale di cui le immagini sono protagoniste accanto a nuove regole di comunicazione. Regole che, transitando attraverso le proprietà e le potenzialità della tecnologia, stanno profilando nuovi scenari di conoscenza ed evidenziando l’influenza trasformativa del digitale sulla comunicazione, la lettura, il ragionamento e il pensiero. Le storie digitali sono diverse dalle storie analogiche. La narrazione digitale rompe gli schemi tradizionali, si frammenta, non mantiene le caratteristiche della linearità narrativa storicamente consueta, può rendere liquidi i confini tra autore e lettore e soprattutto è dinamica e immersiva. Nei contesti terapeutici Narrative Based Medicine la dimensione interattiva diventa fondamento del digital storytelling non solo come momento comunicativo di co-costruzione relazionale ma anche come supporto per il miglioramento della qualità di vita. Un esempio tra i possibili: i pittogrammi, la grammatica e i software gestionali per tutti i digital devices della Comunicazione Aumentativa Alternativa. Nell’ampliare i propri confini all’inclusione del digitale, la DNM sta vivendo un’estensione di luogo, di metodo e d’essenza che, data la complessità della trasformazione, la coinvolge attualmente in una fase d’osservazione e di studio.

  • Narrative Medicine
  • Metodologia d’intervento clinico assistenziale basata su una precisa competenza comunicativa
  • Strumento fondante: la narrazione
  • Disease, illness e sickness
  • Medical Humanities
  • Digital Narrative Medicine